d

Di cosa parliamo quando parliamo di cibo italiano

Di cosa parliamo quando parliamo di cibo italiano

 Presentiamo un estratto dell'intervento che Anna Fasoli ha tenuto nell'ambito di Expo 2015 venerdì 25 settembre.

Oggi sono oltre un miliardo e duecentomila le persone acquistano almeno un prodotto italiano all’anno. Lo ripeto: un miliardo e duecentomila persone.

Decisamente non è male.

Se poi si pensa che ben 750 mila lo fanno abitualmente si comprende perché nella nostra industria agroalimentare, le esportazioni crescono a velocità doppia rispetto al totale delle esportazioni italiane: 34,3 miliardi di euro nel 2014. Con previsioni di ulteriore aumento.

Si aggiunga che l’intera filiera agroalimentare vale l’8,7 per cento del nostro Pil e riguarda 3,3 milioni di posti di lavoro: il 13,2 per cento degli occupati (fonte: Nomisma per Adm). Il conto è presto fatto.

Questi, dunque, sono i numeri da cui partire. E partire per comprendere un fenomeno che, se non cogliamo nella sua ampiezza, nella sua estensione, non ci restituisce il peso reale del compito che spetta a noi tutti, assicuratori in prima linea.

 

Il volto sporco della globalizzazione

 

Che la crescita comporti sempre profonde trasformazioni è regola cui l’uomo si è adeguato da millenni. E tuttavia imparare a far fronte agli effetti secondari, o “ombra”, che vi si accompagnano diventa una sfida da reinventare di continuo.

Attualmente la contraffazione è un fenomeno dalla portata gigantesca. Nel solo comparto alimentare, quella che oggi efficacemente viene battezzata agrocriminalità conta un giro di affari spaventoso.

Se ammonta nel settore a 15,4 miliardi nel solo 2014 (con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente) il c.d. “money dirting”[fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][1], ovvero l’insieme dei capitali puliti che si indirizzano verso un’economia sporca, si parla di oltre 50 miliardi di euro come frutto di attività illegali della Mafia spa sulle nostre campagne[2].

L’allarme è stato dato con chiarezza: Expo 2015 si presta ad essere un’occasione estremamente golosa per questo business.

Il rischio, insomma, è che migliaia di tonnellate di prodotti e generi alimentari alterati, sofisticati o contraffatti si rovescino sulle nostre tavole con l’aspetto ingannevole e la commercializzazione di eccellenze italiane, anche se di italiano non hanno nulla.

Naturalmente questa calamita è parte integrante del fenomeno della globalizzazione. Un fenomeno che, in sé, è assolutamente positivo nel momento in cui connette tra loro aree geografiche e culturali diversissime. E tuttavia, tra gli aspetti positivi, si sono insinuati anche elementi negativi, opachi, insidiosi. Tra cui, appunto, la contraffazione.

La contraffazione come volto della globalizzazione, dunque, un volto “sporco” e tuttavia inseparabile, al momento.

Ripeto: al momento. Perché molto si sta facendo, e si deve continuare a fare.

 

Un importante passo avanti normativo: le nuove linee guida della riforma dei reati agroalimentari

 

A fine luglio, proprio in questa stessa sede, sono state presentate al Ministro della Giustizia Orlando dalla Commissione presieduta dall'ex magistrato, Giancarlo Caselli, le linee della riforma dei reati agroalimentari (un testo di legge è atteso per settembre) come massiccia azione e sensibilizzazione per contrastare il fenomeno della contraffazione. In questo progetto sono state tratteggiate ipotesi di reato che annoverano il “disastro sanitario” (che contempla la contaminazione di acque, la diffusione di sostanze alimentari pericolose o l'omesso ritiro di alimenti dal mercato) e che riguarda condotte dalle quali possono derivare lesioni o pericoli gravi per le persone e in genere per la salute pubblica. Ma accanto a questi casi più gravi spunta anche il reato di agropirateria, che punta a punire la vendita di prodotti alimentari accompagnati da segni distintivi o marchi di qualità (come i marchi Ue Dop e Igp) contraffatti.



[1] Dati forniti dal III Rapporto Agromafie, elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato a Roma il 15 gennaio 2015.

[2] L’allarme è stato dato dalla Cia (Confederazione italiana degli agricoltori) in occasione della presentazione annuale del Rapporto sulla legalità e la sicurezza 2014, in collaborazione con Fondazione Humus, il 18 dicembre 2014.

 

[/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]

Fasoli e Fontana Srl Unipersonale
Iscrizione Registro Unico Intermediari: A000074550
L’intermediario è soggetto al controllo dell’IVASS.

Lunedì ‒ Giovedì: 08:30 ‒ 18:00
Venerdì: 08:30 ‒ 13:00

Telefono: 045 7153032
Fax: 045 7153032
email: agenzia@fasoliefontana.it
pec: fasoliefontana@pec.it

Via Alcide De Gasperi, 49
37012 Bussolengo - Verona P. Iva 01602700237