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Meno co.co.pro dopo la riforma

Meno co.co.pro dopo la riforma

Non tutta la flessibilità è buona cosa. Si potrebbe chiosare così, in breve, l’impianto della contrastata Riforma Fornero, i cui risultati pratici cominciano ad apparire, anche se qualcuno sostiene sia troppo presto per stabilire se si tratti di buona (o cattiva) cosa.

 

Un primo bilancio lo offrono i dati elaborati dall’Isfol sulla base delle comunicazioni obbligatorie giunte al ministero del Lavoro tra luglio e novembre dell'anno scorso : l'incidenza dei nuovi contratti a termine passa dal 63,1% al 65,8%, quelli a progetto perdono quasi due punti percentuali, passando dall'8% al 6,2%, mentre il contratto di lavoro a chiamata sembra sostituito con contratti a tempo determinato di breve periodo, anche solo un mese.

Anche i contratti di apprendistato hanno conosciuto una flessione negativa, toccato quota 504.558 in calo del 6,9% rispetto al 2010. Pochissimi i contratti di c.d. primo livello, quelli cioè utilizzabili per i giovani tra i 15 e 25 anni , che avrebbero dovuto offrire loro l'occasione di entrare nel mercato del lavoro e al tempo stesso di acquisire un titolo di studio.

Calma piatta? Non per tutti. Infatti le Regioni sono pronte a scendere in campo per cercare di risolvere questi ostacoli. La strategia scelta è di introdurre elementi di flessibilità nella retribuzione, sollevando il datore di lavoro dalla remunerazione del tempo dedicato alla formazione strutturata, commisurando il salario dell'apprendista all'effettivo impegno lavorativo e formativo. Altra proposta è quella di ridefinire la durata del contratto. Nel caso in cui l'apprendista raggiunga la qualifica professionale prima dei tre o quattro anni (come oggi è previsto) si sta valutando di proseguire il contratto equiparandone così la durata con quella del contratto di apprendistato professionalizzante. Nel caso invece l'apprendista non arrivi alla qualifica entro tale periodo, l’azienda potrebbe stipulare con lo stesso soggetto un secondo contratto di primo livello. 

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